Le fusioni aziendali sono spesso raccontate come un’operazione strategica in cui “1 + 1 = 3”. Questo terzo elemento rappresenta le sinergie, cioè i benefici economici, operativi o strategici che dovrebbero emergere quando due realtà si uniscono. Ma queste sinergie esistono davvero? E soprattutto: sono così automatiche come vengono presentate nei comunicati stampa? In questo articolo ti spiego in modo chiaro e diretto cosa sono, quando si realizzano e perché spesso restano un mito.
Cosa si intende per sinergie in una fusione
Le sinergie sono il presunto “valore aggiunto” derivante dall’unione di due aziende. Il concetto è semplice: se l’Azienda A vale 10 e l’Azienda B vale 10, dopo la fusione non dovrebbero valere 20, ma 22, 25 o anche di più.
Questo valore in più può arrivare da:
- risparmi sui costi (sinergie operative),
- maggiore potere di mercato (sinergie commerciali),
- miglior accesso a risorse (capitali, tecnologie, know-how),
- vantaggi fiscali o organizzativi.
Ma attenzione: per trasformarsi in realtà, queste sinergie richiedono una gestione eccellente del post-fusione.
Le sinergie operative: tagliare i costi è davvero così facile?
Le sinergie operative sono le più immediate e apparentemente semplici. Si tratta di eliminare duplicazioni: due reparti amministrativi diventano uno, si fondono le sedi, si negoziano condizioni migliori con fornitori grazie a volumi più alti.
Ma dietro queste ottimizzazioni si nascondono ostacoli importanti:
- Resistenze interne: nessuno vuole perdere il proprio ruolo o cambiare abitudini consolidate.
- Tempi lunghi: alcune ristrutturazioni richiedono mesi, se non anni.
- Costi di integrazione: licenziamenti, trasferimenti, consulenze… tutto ha un prezzo, spesso sottovalutato.
E se le sinergie si basano su tagli drastici, c’è il rischio che il morale dei dipendenti crolli, trascinando con sé anche le performance.
Le sinergie commerciali: vendere di più grazie alla fusione
Molti team di M&A sognano sinergie commerciali: unire due forze vendita, cross-sellare i prodotti, espandersi in nuovi mercati grazie alla rete dell’altro.
Ma anche qui la realtà è più complessa:
- Clienti diffidenti: una fusione può generare incertezza o persino perdita di fiducia.
- Portafogli prodotti incompatibili: vendere una nuova linea richiede formazione, tempo e adattamento.
- Fusione delle culture di vendita: ogni team ha stili, incentivi e logiche proprie. Metterli insieme non è automatico.
In sintesi: le sinergie commerciali sono tra le più desiderate, ma spesso restano sulla carta.
Le sinergie strategiche: quando la somma cambia davvero il gioco
Ci sono fusioni che trasformano realmente il posizionamento strategico di un’azienda: accesso a nuovi mercati, innovazione tecnologica, vantaggi fiscali o reputazionali. È il caso, ad esempio, di quando una grande azienda acquisisce una startup per integrare un brevetto o accelerare la trasformazione digitale.
Queste sinergie possono essere reali, ma:
- sono più difficili da quantificare,
- richiedono visione a lungo termine,
- dipendono fortemente dalla volontà del top management.
Se non c’è una strategia chiara e condivisa, anche le migliori intenzioni possono perdersi per strada.
I principali ostacoli alla realizzazione delle sinergie
Perché, se le sinergie sono così interessanti, tante fusioni falliscono nel raggiungerle? Ecco i motivi principali:
- Integrazione mal gestita: culture aziendali incompatibili, sistemi informatici non comunicanti, leadership confusa.
- Sottovalutazione dei costi di transizione: la fase post-fusione richiede investimenti importanti.
- Eccesso di ottimismo: le previsioni troppo rosee vengono spesso smentite dai fatti.
- Comunicazione interna inefficace: i dipendenti si sentono spaesati, aumentano i turnover, si riduce la produttività.
Il problema non è tanto nel concetto di sinergia, quanto nella sua esecuzione.
Le sinergie esistono, ma vanno costruite
In conclusione, le sinergie non sono un mito, ma non sono nemmeno una certezza. Sono una promessa, una potenzialità, che può realizzarsi solo con una governance attenta, con investimenti mirati e con un piano di integrazione ben definito.
Una fusione può davvero generare valore, ma quel “valore in più” non nasce il giorno del closing: va conquistato giorno dopo giorno.
Esempio pratico: sinergie reali o illusorie?
Immagina due aziende nel settore alimentare: una produce pasta secca (PastaVerde Srl), l’altra sughi pronti (SugoAmico Spa). Decidono di fondersi per diventare un player nazionale.
Nel business plan si stimano sinergie per 3 milioni di euro, così suddivise:
- 1 milione di risparmi logistici,
- 1 milione di aumento delle vendite cross-brand,
- 1 milione da razionalizzazione produttiva.
Cosa succede realmente nei primi 24 mesi?
- I risparmi logistici si concretizzano solo in parte: mancano gli spazi e le licenze per ottimizzare le consegne.
- Il cross-selling fatica a decollare: i clienti sono abituati a trattare con due marchi separati.
- La razionalizzazione produttiva slitta di 18 mesi per difficoltà tecniche.
Risultato: su 3 milioni di sinergie previste, solo 1 viene effettivamente realizzato nei primi due anni.
Non è un fallimento, ma neanche quel “1 + 1 = 3” tanto atteso. Serve più tempo, più pianificazione e meno storytelling.
Conclusione
Le sinergie dopo una fusione sono una speranza, non una garanzia. Riuscire a realizzarle dipende da fattori concreti: leadership, cultura aziendale, governance, capacità di integrare. Più che un mito, sono una sfida: reale, possibile, ma tutta da conquistare.