Perché la finanza straordinaria funziona solo sopra 1.5 milioni di euro

La soglia minima per far funzionare la finanza straordinaria

In Italia, ogni anno migliaia di piccole imprese si trovano di fronte a una scelta difficile: vendere o acquisire un’attività. Molti imprenditori guardano con interesse alla finanza straordinaria — strumenti come leverage buyout, acquisizioni con debito, operazioni di equity o club deal — per concludere l’operazione. Tuttavia, pochi sanno che queste operazioni funzionano davvero solo a partire da 1.5 milioni di euro di valore d’impresa. Sotto questa soglia, il gioco semplicemente non vale la candela.

Per capire il motivo, dobbiamo guardare non solo ai costi impliciti, ma anche alla struttura stessa di questo tipo di finanza, ai ruoli coinvolti, e al bilanciamento tra rischio, tempo e ritorno sull’investimento.

Cosa si intende per finanza straordinaria

La finanza straordinaria è l’insieme delle operazioni finanziarie non ricorrenti nella vita di un’impresa: acquisizioni, fusioni, aumenti di capitale, ristrutturazioni del debito, passaggi generazionali. Si tratta di strumenti molto potenti, ma anche complessi e costosi.

A differenza della gestione ordinaria — che si occupa di fatturato, spese e margini — la finanza straordinaria serve a cambiare radicalmente la traiettoria di un’azienda. Ma proprio per questo motivo, richiede l’intervento di professionisti specializzati: advisor finanziari, legali, fiscalisti, valutatori d’impresa. Tutte figure che hanno un costo fisso importante, indipendentemente dalla dimensione dell’operazione.

I costi fissi uccidono le piccole operazioni

Chi si occupa di M&A sa che ogni deal comporta una struttura di costi abbastanza simile: due diligence, analisi finanziaria, contrattualistica, atti notarili, e spesso strutture di debito o veicoli societari dedicati.

Un’operazione standard può comportare, anche per una piccola azienda, tra i 40.000 e i 100.000 euro di costi professionali. In un’acquisizione da 3 milioni di euro, questi costi rappresentano il 2-3% del valore totale. In un’operazione da 700.000 euro, invece, possono superare il 10-15%, rendendo l’operazione inefficiente o addirittura insostenibile.

Inoltre, una struttura troppo pesante rischia di consumare mesi di lavoro per un margine di guadagno (o di rischio) troppo basso. Non c’è solo una questione economica: c’è anche una questione di energia e tempo.

Le banche non finanziano le micro-operazioni

Un altro motivo per cui la finanza straordinaria non funziona sotto 1.5 milioni è legato al comportamento degli istituti di credito. Le banche — soprattutto nel caso di LBO o acquisizioni con debito — preferiscono operazioni strutturate e con margini ampi.

Una piccola operazione viene vista come ad alto rischio, con poco margine di ritorno e molti costi di istruttoria. In parole semplici: le banche non sono interessate a finanziare operazioni da 300.000 o 500.000 euro se comportano debito strutturato o veicoli complessi.

Lo stesso vale per gli investitori in equity o i family office: il loro tempo vale molto, e il rendimento potenziale su operazioni micro è troppo basso per attrarre capitali.

Il rischio di dipendenza da pochi clienti o dal venditore

Nei piccoli business, capita spesso che l’azienda dipenda da una figura chiave (di solito l’imprenditore) o da pochi clienti. Questo rischio di concentrazione rende difficile strutturare un’operazione finanziaria solida, perché basta una piccola variazione per mettere in crisi l’intero piano di rientro.

Il potenziale acquirente si trova così a pagare una “goodwill” alta senza avere la certezza che il business continuerà a produrre lo stesso cash flow. Se si aggiunge debito all’equazione, il rischio aumenta in modo esponenziale.

Per questo motivo, i modelli di finanza straordinaria — soprattutto quelli che si basano sul cash flow futuro per ripagare il debito — funzionano solo quando l’azienda ha una struttura consolidata, ripetibile e scalabile.

Quando ha senso usare la finanza straordinaria

A partire da 1.5 milioni di euro di valore d’impresa, l’operazione inizia ad avere senso:

  • I costi fissi vengono ammortizzati
  • È possibile strutturare un piano finanziario credibile
  • Si può attrarre capitale o debito
  • I professionisti coinvolti sono motivati e disponibili
  • Le banche iniziano a considerare l’operazione come “mid-market”, e quindi bancabile
  • Il rischio di fallimento dell’operazione si riduce

A questo livello, la finanza straordinaria può diventare uno strumento strategico per la crescita, la diversificazione o l’uscita graduale dell’imprenditore.

Cosa fare sotto la soglia di 1.5 milioni

Se l’azienda che vuoi vendere o acquistare vale meno di 1.5 milioni, ha comunque senso fare l’operazione, ma con modalità più leggere:

  • Trattativa diretta tra le parti
  • Prezzo pagato con anticipo + earn-out
  • Clausole di affiancamento e garanzie post-vendita
  • Consulenti ridotti al minimo indispensabile
  • Finanziamento tramite mezzi propri, familiari o leasing

Non è meno nobile, anzi: è più coerente. Ma non ha senso forzare strumenti di finanza straordinaria su un’operazione troppo piccola, perché si finisce per sprecare tempo e soldi.

Esempio pratico: un’operazione che non funziona sotto 1.5 milioni

Immagina una società di servizi digitali con 10 dipendenti, 1.8 milioni di fatturato e 250.000 euro di utile netto annuo. L’imprenditore non ha figli né successori e decide di vendere. L’acquirente vuole utilizzare un’operazione di leverage buyout: costituisce una nuova società (NewCo), che acquisisce la target usando debito bancario coperto dal cash flow futuro.

Il deal prevede:

  • Valutazione dell’azienda: 1.6 milioni
  • Equity del compratore: 300.000 €
  • Finanziamento bancario: 1.3 milioni
  • Cash flow atteso: 250.000 €/anno

In questo scenario:

  • I costi legali e di due diligence sono stimati a 70.000 €
  • Le banche accettano il piano grazie al margine
  • Il buyer riesce a strutturare un’uscita con equity pari a 3x in 5 anni

Se la stessa azienda valesse solo 700.000 euro, l’intera struttura non sarebbe sostenibile:

  • I costi fissi inciderebbero per oltre il 10%
  • Il debito bancario sarebbe troppo rischioso per l’istituto
  • Il cash flow non coprirebbe gli imprevisti
  • Il ritorno sull’equity del compratore sarebbe minimo

In questo caso, una trattativa semplice tra privati, con pagamento dilazionato e supporto minimo di consulenza, sarebbe la scelta più intelligente e sostenibile.

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