Come strutturare un earn-out per garantire una transizione efficace

Nel mondo delle operazioni di M&A, l’earn-out è uno strumento sempre più utilizzato per colmare il divario tra le aspettative del venditore e quelle dell’acquirente. Ma cos’è esattamente un earn-out? Come si struttura in modo corretto? E soprattutto, può davvero garantire una transizione efficace dopo la vendita?

In questo articolo vedremo in modo chiaro e accessibile cos’è un earn-out, come impostarlo, quali errori evitare e come può diventare un ponte tra passato e futuro per un’impresa in fase di acquisizione.


Cos’è un earn-out e perché si utilizza

Un earn-out è un meccanismo contrattuale che prevede il pagamento differito di una parte del prezzo di vendita di un’azienda, subordinato al raggiungimento di determinati risultati futuri.

In pratica, il venditore riceve una parte del corrispettivo al momento del closing, mentre il resto sarà pagato solo se l’azienda raggiunge determinati obiettivi (di fatturato, EBITDA, margine operativo, etc.) nei mesi o anni successivi.

Questo strumento serve a:

  • ridurre il rischio per l’acquirente,
  • incentivare il venditore a collaborare nel periodo post-vendita,
  • premiare le performance reali anziché le promesse.

In sintesi, è una clausola che tiene legati il passato e il futuro dell’impresa per un tempo definito, dando continuità alla gestione e fiducia al processo.


Quando ha senso prevedere un earn-out

L’earn-out è particolarmente utile quando:

  • il business è fortemente legato alla figura dell’imprenditore uscente,
  • ci sono incertezze legate al mercato o al modello di business,
  • la valutazione dell’azienda si basa su previsioni di crescita non ancora consolidate,
  • l’acquirente vuole garantire una transizione dolce senza dover internalizzare da subito tutte le competenze chiave.

È meno utile (e talvolta rischioso) quando la relazione tra le parti è conflittuale o la fiducia reciproca è carente.


Le componenti chiave di un earn-out ben strutturato

Un earn-out efficace non nasce per caso: va disegnato con attenzione. Gli elementi fondamentali da definire con chiarezza sono:

1. La durata del periodo di earn-out

Generalmente va da 1 a 3 anni. Periodi troppo brevi rischiano di non cogliere il reale impatto del venditore, mentre durate eccessive possono portare a frustrazione o perdita di motivazione.

2. Gli indicatori di performance (KPI)

Devono essere chiari, misurabili e condivisi. Alcuni esempi:

  • EBITDA consolidato,
  • fatturato ricorrente,
  • numero di nuovi clienti acquisiti,
  • margine lordo.

Evita KPI troppo complessi o manipolabili: generano solo contenziosi.

3. La formula di calcolo

Il meccanismo con cui si calcola l’importo dell’earn-out deve essere trasparente, possibilmente oggettivo. Esempio:

Se l’EBITDA 2026 supera i 500.000€, il venditore riceve il 10% dell’eccedenza fino a un massimo di 300.000€.

Più la formula è semplice, più sarà gestibile.

4. La modalità di verifica e pagamento

Chi verifica i dati? Quando? Come viene pagato l’earn-out? Tutti questi aspetti devono essere chiariti nel contratto.

Si può prevedere una revisione da parte di un terzo (revisore o consulente indipendente) per garantire neutralità.


I rischi di un earn-out mal strutturato

Se non è ben impostato, l’earn-out può diventare una fonte di tensione anziché di collaborazione. Ecco i principali pericoli:

  • Obiettivi poco realistici: se il venditore li percepisce come irraggiungibili, si disimpegna.
  • Mancanza di trasparenza: se l’acquirente non condivide i dati, nascono sospetti.
  • Modifiche gestionali non concordate: un nuovo management può influenzare negativamente i KPI.
  • Ambiguità contrattuali: ogni margine di interpretazione apre la porta a dispute legali.

L’earn-out deve diventare una leva di motivazione reciproca, non un campo di battaglia.


Il ruolo del venditore nella fase post-closing

Il vero valore dell’earn-out emerge nella fase successiva al closing. Il venditore, restando operativo, può:

  • trasferire know-how e relazioni chiave,
  • supportare l’integrazione culturale e tecnica,
  • garantire la continuità commerciale,
  • risolvere eventuali criticità o transizioni difficili.

Per farlo, serve un ruolo chiaro e definito: amministratore delegato? consulente? direttore commerciale? Ogni soluzione va calibrata sul caso specifico.


Il punto di vista dell’acquirente

L’acquirente deve vedere l’earn-out come uno strumento di allineamento, non come un modo per “pagare meno”. Solo così il venditore si sentirà incentivato.

Allo stesso tempo, è importante:

  • mantenere aggiornato il venditore sui numeri,
  • evitare cambi di rotta drastici che impattano sugli obiettivi,
  • riconoscere il valore del lavoro svolto durante il periodo di earn-out.

Il principio guida dovrebbe essere la collaborazione trasparente.


Alternative all’earn-out

Quando non è possibile o non è consigliabile prevedere un earn-out, si possono valutare altre soluzioni:

  • clausole di aggiustamento prezzo basate su situazione patrimoniale netta,
  • bonus post-closing legati a milestone specifiche (es. ottenimento di una certificazione o lancio di un prodotto),
  • acquisizione a tappe (es. opzioni per quote residue dopo 12-24 mesi).

Ma nessuna di queste alternative ha lo stesso impatto di un earn-out ben costruito per incentivare una transizione collaborativa.


Esempio pratico: come strutturare un earn-out efficace

Immaginiamo un’azienda digitale che sviluppa software gestionali per PMI, con ricavi in crescita ma ancora non consolidati. L’imprenditore fondatore decide di vendere il 100% delle quote per 2 milioni di euro.

L’accordo prevede:

  • 1,4 milioni al closing,
  • 600.000€ come earn-out, distribuiti su 2 anni.

Le condizioni sono:

  • il venditore resta CEO per 24 mesi,
  • se il fatturato 2025 supera i 2,5 milioni, riceve 200.000€,
  • se il margine operativo netto supera il 20%, riceve altri 400.000€.

Viene prevista la validazione annuale dei dati da parte di un commercialista indipendente e incontri trimestrali di aggiornamento.

Risultato?

L’imprenditore rimane coinvolto, l’azienda cresce, i nuovi soci sono soddisfatti e le somme dell’earn-out vengono corrisposte. Il passaggio avviene in modo fluido, senza contenziosi. Questo è un esempio virtuoso.


Conclusione

L’earn-out è uno degli strumenti più potenti nel toolkit di chi gestisce operazioni M&A. Se ben strutturato, può trasformare una vendita complessa in una transizione efficace, con vantaggi per entrambe le parti.

Ma attenzione: richiede chiarezza, trasparenza e una profonda fiducia reciproca. Quando queste mancano, l’earn-out diventa un rischio. Quando ci sono, diventa una garanzia di successo.

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